CURRÒ SALVATORE, Il senso umano del credere, Elledici, 2011
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L’impegno educativo e pastorale della Chiesa nei confronti dei giovani ha bisogno di un nuovo slancio. Questo libro, che si inserisce nell’attuale dibattito ecclesiale sulla sfida educativa e sulla dimensione educativa della pastorale, fa l’ipotesi che tale slancio possa venire da una nuova riflessione antropologica che intercetti i fondamenti stessi della pastorale dei giovani e di tutta la pastorale. Nei tempi recenti ci si è misurati con le provocazioni della cultura attuale, giovanile in particolare, e ci sono stati notevoli sforzi di rinnovamento sul piano metodologico, progettuale, comunicativo. Tuttavia rimangono insoddisfazioni e problemi aperti che sembrano rinviare a un piano più radicale. È il piano del senso stesso del credere, del senso umano del credere, cioè del senso del credere in rapporto alla verità dell’umano.
Il libro si apre con un’ampia introduzione che dà la prospettiva a tutta la trattazione e che, interagendo con gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, spiega i termini in cui si pone oggi la sfida antropologica. Le tre parti del testo individuano tre grandi nuclei tematici. La prima parte riflette su una proposta pastorale centrata sulla persona del giovane: a partire dalle sensibilità giovanili attuali e dagli sviluppi recenti in ambito ecclesiale, si suggerisce l’ottica pastorale del giovane al centro e, in quest’ottica, si pensano l’obiettivo e gli itinerari della pastorale dei giovani. La seconda parte mette a fuoco le condizioni ecclesiali, ponendo l’accento sul senso dell’accoglienza dei giovani, sui processi del rinnovamento ecclesiale e sulle principali risorse che la Chiesa mette in campo con i giovani. La terza parte si concentra sul cammino spirituale: si suggerisce la grammatica di una spiritualità fedele alla verità dell’esperienza e alla Rivelazione cristiana e si riflette sul significato della Sacra Scrittura e dell’esperienza liturgica per la crescita umana e cristiana dei giovani.
I diversi capitoli non sono perfettamente integrati. Alcuni di essi, infatti, sono rielaborazioni e aggiornamenti di contributi precedentemente pubblicati (come è indicato all’inizio di ciascuna delle tre parti). E tuttavia – mi sembra – 5lla pastorale. Si noterà che manca un’attenzione specifica ad alcuni temi che pure sono importanti nella prassi, ad es. ad alcuni ambiti culturali e pastorali significativi per i giovani (la famiglia, il lavoro, il mondo della comunicazione mediale, la scuola e l’università, ecc.), come anche ad alcuni aspetti più puntuali della proposta pastorale (modalità di primo annuncio, percorsi catechistici, ecc.); tali temi sono sfiorati ma non esplicitamente e ampiamente tematizzati. La preoccupazione è di attirare l’attenzione sulle questioni di fondo.
Da dove nasce questa riflessione? Due sono le sorgenti più immediate: i corsi di Pastorale giovanile tenuti all’Istituto Teologico San Pietro di Viterbo e alla Pontificia Università Lateranense di Roma, che mi hanno provocato a una riflessione sempre più approfondita sui temi qui proposti e che sono stati anche luogo di confronto con studenti provenienti da differenti nazioni e contesti ecclesiali; le esperienze di animazione, di confronto, di progettazione, vissute in questi anni con molti confratelli della mia Congregazione religiosa (Giuseppini del Murialdo), con educatori, giovani e adulti, della Famiglia del Murialdo e di altri contesti educativi ed ecclesiali. L’interazione con tutte queste persone, che sarebbe impossibile nominare e per le quali esprimo profonda gratitudine, lascia il segno in questo libro che, se pure ha un carattere teorico, evoca continuamente le problematiche della prassi. A mio modo di vedere, il testo può essere utilizzato sia come manuale per corsi di pastorale dei giovani, nei seminari e nelle facoltà teologiche, sia come strumento di riflessione per responsabili e operatori pastorali.
L’ispirazione alla tradizione e allo stile educativi che fanno capo a S. Leonardo Murialdo, fondatore della mia Congregazione, si avverte soprattutto nella preoccupazione di prendere i discorsi pastorali dalla prospettiva educativa, e più precisamente dalla prospettiva del giovane, della sua maturazione umana, della verità della sua crescita; come anche nello sforzo di assumere il punto di vista del giovane più fragile rispetto al più forte, del più lontano dalla fede e dall’esperienza ecclesiale rispetto al più vicino; e anche nell’importanza accordata alle relazioni di fiducia, reciprocità e corresponsabilità e al clima di accoglienza della comunità educativa ed ecclesiale. Questa ispirazione, e i punti di vista ad essa connessi, d’altronde, mi sembrano particolarmente stimolanti e fecondi per affrontare le sfide di oggi che, come cercherò di mostrare, si pongono tutte sul terreno dell’umano e della sua verità. Solo su questo terreno – mi pare – si può ritrovare il senso del credere.