LORENZI U. – DIANA M. – FELIZIANI KANNHEISER F. – FALCINELLI F. – ATTANASIO M.R. – MEDDI L., Iniziazione cristiana per i nativi digitali. Orientamenti socio-pedagogici e catechistici, Paoline, 2012
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Questo volume intende offrire ai catechisti e a tutti gli operatori pastorali alcune linee indicative in risposta all’emergenza educativa e agli orientamenti della CEI, circa l’impostazione dell’iniziazione cristiana secondo il modello catecumenale, rivolta ai ragazzi di oggi, ai così detti «nativi digitali».
Si sa che non basta proporre una nuova metodologia per dare una svolta ai percorsi di catechesi e per ottenere risultati ottimali. Gli stessi vescovi palesano interrogativi in proposito e monsignor Crociata parla, più che di modello, di «istanza catecumenale». Negli Orientamenti Pastorali 2010-20, al n. 40, ci si riferisce, poi, a «itinerari differenziati»: «Esperienza fondamentale dell’educazione alla vita di fede è l’iniziazione cristiana, che “non è quindi una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre”. Essa ha gradualmente assunto un’ispirazione catecumenale, che conduce le persone a una progressiva consapevolezza della fede, mediante itinerari differenziati di catechesi e di esperienza di vita cristiana».
Con tali itinerari la Chiesa si ripromette di proporre «in una società caratterizzata dal pluralismo culturale e religioso e percorsa da molteplici fenomeni di secolarismo (…) forme più idonee per annunciare il Vangelo e promuovere una mentalità cristiana matura.
In particolare, offre un adattamento del Rito per l’iniziazione cristiana degli adulti alle esigenze dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni e indica «contenuti, finalità e modalità per itinerari che conducano alla maturità della fede, a divenire cioè discepoli di Gesù in cammino con lui verso il Padre, vivendo un’esistenza secondo lo Spirito, membri coerenti e attivi della Chiesa, testimoni autentici del Vangelo nel mondo».
Tuttavia sarebbe stato opportuno, forse, prima di indicare un nuovo modello, attuare una verifica per scoprire le cause dei risultati, non pienamente soddisfacenti, conseguiti dai percorsi ispirati al Documento Base e per individuare, quindi, se sia stato un problema di metodo o di contenuti; di impreparazione dei catechisti o di incapacità di inculturare la fede, adeguando le proposte ai soggetti concreti; di mancanza di esperienza di fede e, quindi, di Gesù, o di carenza di formazione umano-cristiana integrale della persona; di mancanza di una catechesi contestualizzata, che coinvolgesse la famiglia, o di carenza nell’esperienza di Chiesa, come comunità.
Forse tutti questi aspetti e altri ancora, non sviluppati in maniera adeguata, hanno influito, determinando cammini di fede poco «convincenti», che non hanno fornito alle giovani generazioni i fondamenti per aprirsi all’azione di Dio nella loro vita, gustarne la presenza e fare scelte conseguenti. Meddi fa rilevare come sia stata ignorata nella catechesi «la logica pedagogica delle finalità e dei processi di crescita nella fede» e si sia assunta «la pedagogia soltanto come strumento didattico», e sottolinea che, per superare la crisi, occorre, invece, un modello di itinerario olististico, capace di includere le diverse dimensioni della vita e che faccia dialogare l’istanza catecumenale con gli altri progetti di IRC (cfr. pp. 152.157).
Un’attenzione, che è da mettere assolutamente in atto, oggi, è certamente quella verso i nostri interlocutori, i nativi digitali, caratterizzati da una nuova mentalità, da nuove modalità percettive e relazionali.
In questo ci fa da Maestro e da battistrada lo stesso Gesù che, nella scelta della via dell’incarnazione, assume tutto della nostra umanità e si inserisce nel punto più basso e profondo di essa, nel suo punto abissale, per incontrarci e salvarci, usando linguaggi e segni adeguati ai suoi interlocutori:
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egli si lascia incontrare dai pastori nel «segno della mangiatoia». La sua «povertà» lo rende un Dio vicino, uno come loro, l’Emmanuele, il «Dio con noi». La «stella» e la sua «luce» sono il segno, invece, della sua Presenza per i magi, sapienti ricercatori o astrologi;
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il suo gesto di condivisione e di solidarietà con noi peccatori e di assunzione della nostra fragilità e del nostro peccato, nel battesimo, diventa il segno di riconoscimento per la gente – o almeno per alcuni discepoli – che si sente bisognosa di conversione e si lascia battezzare da Giovanni;
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e così avviene per ogni altro gesto o parola di Gesù: dall’annuncio del Regno al racconto delle parabole; dal gesto di toccare i lebbrosi o di lasciarsi toccare; dal cercare «i peccatori» al mangiare con loro; dall’avere compassione al perdonare; dal guarire al risuscitare; egli è un Dio che partecipa alla vita e alle problematiche delle persone, facendosene carico e conducendo alla liberazione e alla salvezza;
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fino al gesto culminante nella sua consegna totale, per amore, sulla croce, dove è riconosciuto dal centurione romano, e ai gesti che mette in atto, da Risorto, quando va incontro ai discepoli smarriti;
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per rimanere, poi, presente per sempre, in comunione profonda con noi e riconoscibile, nel suo «spezzarsi» nei segni del pane e del vino, quando celebriamo nell’Eucaristia la sua morte e risurrezione.
Gesù è Colui che, come Dio, si fa così fragile, da incontrarci nella nostra fragilità: nella scelta di «un’abissale piccolezza divina» incontra «la nostra abissale piccolezza umana» e, a partire da questa interazione profondissima, ci trasforma con la potenza di amore del suo Spirito, perché diventiamo come lui.
E nei riguardi dei nativi digitali? È bene domandarsi: dove e come intercettare la loro «nuova umanità» emergente e le loro aspirazioni più profonde? Come evidenziare quel Gesù, crocifisso e risorto, che, ancora oggi, si fa storia ed è presente nella rete e nelle tante proposte che si diramano sulle strade informatiche? Come far emergere Gesù che è già in loro e a cui appartengono, e che li sta già conducendo su cammini inediti e salvifici?
L’intento di questo testo è proprio quello di offrire suggerimenti in tal senso. Nel primo contributo si considera la validità dei percorsi di IC secondo l’istanza catecumenale e, precisandone la valenza e senza volerli assolutizzare, si indicano alcune condizioni in vista di un loro «apporto che sia proficuo e diventi sostenibile» (I. Parte introduttiva – Lorenzi); l’attenzione si sposta, poi, su «II. I soggetti» dell’IC e sulle loro caratteristiche: si analizzano, a livello socio-culturale, le nuove iniziazioni sociali dei ragazzi, considerando anche le trasformazioni che riguardano la famiglia e la società della «modernità liquida» (Diana); si affronta, quindi, a livello psicopedagogico, il rapporto tra catechesi e psicologia, e si esaminano le fasi di sviluppo della religiosità del bambino e del ragazzo, offrendo alcune «linee dinamiche» per una IC che coinvolga tutta la persona (Feliziani K.); segue l’analisi, anche a partire da alcune ricerche, dei comportamenti, delle categorie concettuali, delle nuove competenze dei nativi digitali, e delle esigenze, che ne derivano, di innovazione in ambito educativo e didattico (Falcinelli); a un livello più direttamente comunicazionale, si focalizza il rapporto comunicazione-catechesi e comunicazione-educazione, e si considera la ricaduta antropologica, determinata dalla multimedialità, e l’urgenza di «una iniziazione cristiana situata e connettiva» che ponga i soggetti al centro, come protagonisti e interlocutori creativi (Attanasio); si conclude il percorso con un apporto a livello catechistico/catechetico – che fa da cerniera con il primo di Lorenzi – che propone un modello di itinerario, richiesto per rispondere alle sfide rilevate, e individua obiettivi globali da perseguire nei diversi archi di età, da 0 a 19 anni (Meddi).
Ci auguriamo, con questo volume, non soltanto di offrire elementi che, spaziando su tutti i fronti implicati, conducano a ulteriori approfondimenti sugli itinerari di iniziazione cristiana e sulle nuove caratteristiche dei soggetti interessati, ma anche di consentire già «una pratica di vita» che orienti, progressivamente, a una maturità umano-cristiana dei nostri interlocutori.